Quando jazz e cinema si danno la mano in un connubio magico


Jazz e cinema, due arti così differenti eppure affini. Entrambe giovani, più o meno contemporanee al ventesimo secolo, nascono mischiando diversi codici espressivi, definendosi arti collettive ed unendo le loro umili origini a manifestazioni culturali più alte, affrancandosi poi dallo stigma di semplice divertissement.

GLI ALBORI DEL JAZZ NEL CINEMA

Il legame tra queste arti vanta quasi cento anni di collaborazione, parte della quale ha prodotto il jazz film: un genere dedicato soprattutto alla documentazione delle esibizioni musicali.
 La prima opera di cui abbiamo traccia è un film muto, oggi perduto, in cui appariva l’Original Dixieland Band The Good For Nothing (1917) quasi contemporaneo alla loro prima incisione.

Saltando avanti fino alla nascita del sonoro, nel 1927 viene proiettato The Jazz Singer, film con trama molto convenzionale, parodia del jazzista nero che suona musica musica immorale. L’interprete è ovviamente un cantante bianco, Al Jolson, che con il jazz non aveva molto con cui spartire, ma il film fece comunque un grandissimo successo al botteghino e suggellò l’inizio di rapporti duraturi tra jazz e cinema.

Negli anni successivi i modi in cui il jazz è stato impiegato nei film è rivelatore delle tendenze sociali, estetiche e culturali di un determinato contesto storico. Tant’è che anche le reazioni all’utilizzo di musiche e gruppi jazz nelle pellicole sono a loro volta uno spaccato di storia sociale assai interessante.

la nascita degli all negroes movies

Il 1929 è un anno assai interessante, considerato che coincide con la diffusione del sonoro su larga scala, la nascita degli all negroes movies, sotto genere dedicato ad un pubblico esclusivamente nero, e la crisi economica. 
Il jazz continua a fare da cornice a questi film, anche se per quelli importanti, “da bianchi”, vengono assunti solo attori bianchi e gli assoli dei musicisti neri erano mimati da controfigure caucasiche.

La vera anima del jazz degli anni ’30 è più da ritrovarsi nei corto o medio-metraggi, dove gli artisti venivano ripresi durante le loro performance. Magari aggiungendo scenografie e coreografie per drammatizzare meglio l’innesto di musica ed immagine. Tra questi va ricordato Black and Tan Fantasy di Dudley Murphy, dove viene ripresa l’orchestra di Duke Ellington.

Ma fu Jammin’ the Blues a portare alla luce la vera essenza del jazz. In questo corto del 1944 Gjon Mili metterà in scena i grandi musicisti jazz nell’atto del loro sforzo creativo.

Dentro vi appaiono Lester Young ed i musicisti della Jazz At The Philarmonic. Per quanto il film sia stato pubblicizzato come un’improvvisazione, in realtà c’è un elaborata costruzione dell’immagine dietro alla spontaneità del suono. Finalmente rende giustizia alla realtà “nera” di questo mondo ed in un certo senso lo si può definire come primo passo di un processo che di lì a breve rivoluzionerà il jazz. Accantonando la sua immagine folcloristica per convertirlo in vera arte.

HOLLYWOOD

Così nella Hollywood anni cinquanta il jazz diventa uno strumento attorno al quale costruire nuove storie. Otto Preminger fu uno dei pochi ad inserire il jazz nei suoi film, non solo come tematica ma soprattutto come colonna sonora.

Si ricorda soprattutto il suo film Anatomia di un omicidio, dove la musica diventa un’estensione della personalità del protagonista, accompagnandolo nelle sue vicende. In questo caso la colonna sonora fu composta su misura da Duke Ellington, dimostrando ancora quel prefetto connubio tra jazz e cinema.

Negli anni sessanta questo connubio si fa ancora più stretto, soprattutto tra gli indipendenti americani e gli avanguardisti europei. Regista e jazzman lavorano per creare un’immagine audiovisiva con una perfetta combinazione tra la compagine acustica e quella visiva. 
Il risultato di queste collaborazioni appare al meglio nel film di Louis Malle, Ascensore per il patibolo.  Che si avvale del jazzista Miles Davis per improvvisare la colonna sonora sullo scorrimento delle immagini, quasi a mo’ di commento musicale.

gli anni ’80

Dagli anni ottanta in poi, con la scomparsa di molte stelle del jazz classico, la cinematografia preferisce concentrarsi di più a rappresentare il jazz nelle forme del biopic e della fiction. Ecco quindi arrivare film come Cotton Club di Francis Ford Coppola o Bird di Clint Eastwood. Che decidono di mettere in scena le storie vere di chi, quella musica, l’ha creata e sviluppata. 

Arrivati ai giorni nostri, il jazz comunque continua a permeare le colonne sonore di molti film. Anche quelli non necessariamente a tema, anche se raramente ritroverà quel perfetto connubio tra narrazione visiva e musicale come nelle avanguardie anni ’60.

Guarda l’articolo sul film su Miles David: Miles Ahead

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